venerdì 25 marzo 2016

Quando una maestra non fa un lavoretto nemmeno a Pasqua


Della mia ostilità verso il lavoretto ne ho parlato qui, spiegandovi come mai questa pratica, che ancora trova ampio spazio nella scuola, si sia guadagnata da tempo tutta la mia avversione. 
Per riassumere il mio livore: il lavoretto non lascia al bambino nessuna possibilità creativa, essendo per lo più l'unione di un progetto scelto da qualcun altro, compiuto come un mero, e spesso banale, esercizio di assemblaggio guidato.

Qui vi ho raccontato che però esistono anche alternative, e nello specifico vi ho parlato di una maestra che per Natale ha scelto di regalare ai genitori, come lavoretto, un catalogo di alberi di Natale realizzati dai propri figli secondo una sperimentazione del segno.
Ora, vi svelo un segreto. Io e le maestre di questa scuola (nella quale da ottobre conduco un Laboratorio Permanente Metodo Bruno Munari® ) abbiamo scelto di rinominare questo regalino festivo per i genitori, e in generale tutta la pratica, chiamandolo "l'anti-lavoretto". 

E dunque eccoci, siamo a Pasqua e  appena prima che le campane comincino a suonare noi dobbiamo consegnare un "anti-lavoretto".
Quest'anno la maestra ha scelto il tema dell'uovo.

Partiamo dall'inizio, proprio come un Laboratorio Metodo Bruno Munari®  .


Adolphe Millot, Nouveau Laurosse Illustré, 1897-1904

Cos'è un uovo?  
Chi fa l'uovo? Quante uova esistono?
Quelle della gallina, che conosciamo, ma anche quelle di struzzo -grandissime- e quelle di quaglia - piccole piccole. Ne esisteranno di più piccole? Si, basti pensare ai pesci, a quelle di salmone per esempio. E poi? I dinosauri facevano l'uovo? E quanto saranno state grandi? E chi altro ancora?




Di che colore è l'uovo? 
Giallino, bianco, rosato, marroncino, azzurro...




Che forma ha l'uovo? Non è un cerchio e nemmeno un rettangolo ma una forma, ovale appunto, così personale da dare il nome ad una forma geometrica




La maestra ha affrontato con i bambini tutti questi temi, con esempi visivi e discussioni critiche, esplorando le variabili dell'uovo e offrendo così ai bambini conoscenze e collegamenti fra le cose. 
Li ha incuriositi e resi attenti sulle possibilità e sulle differenze: forma, colore, dimensione. 
Ha infine raccontato loro come mai sono un simbolo pasquale e, sempre mostrando esempi visivi, perchè si usa decorarli per questa festa. 

L'osservazione attenta, sensibile, scientifica, ha portato ad alcune sperimentazioni.

Che forma ha l'uovo? Possiamo ritagliarla? 
Abbiamo visto che le uova sono di dimensioni e colori diversi: da carte colorate o recuperate da vecchie sperimentazioni, i bambini hanno ritagliato la forma dell'uovo. Avete presente che esercizio di concentrazione, di manualità e di coordinazione mano-occhio è questo? Sapete quanto è difficile ritagliare una forma ovale? Voi siete capaci?





Possiamo disegnare un uovo sperimentando segni diversi e con strumenti diversi?




Possiamo decorare un uovo di Pasqua con la sperimentazione del segno?









Tutte le opere che vedete sono state fatte dal gruppo di bambini di 5 anni, condotti dalla loro maestra Magdalena Lato, e raccolte in un catalogo di uova pasquali.

Ancora una volta la mia chiusa sarà sull'osservazione di quanta diversità, ricchezza, possibilità, c'è in queste opere. 
Pensate a quante cose hanno scoperto i bambini attraverso gli esempi visivi, il racconto, le riflessioni critiche circa quante uova esistono, e di quale forma, dimensione, colore.  
Pensate quanto la loro immaginazione si è messa in moto, quanto le loro conoscenze si sono ampliate.
E questo è uno dei punti base del Metodo Bruno Munari®: offrire ai bambini la competenza, sia essa teorica oppure pratica.
Perchè la creatività non è fare un bel disegno ma è scoprire, sperimentare, progettare. 
E' dall'osservazione attenta e sensibile, e dalla conoscenza, che si sviluppa la fantasia e si trasforma in creatività. 




giovedì 3 marzo 2016

Sul desiderio di disegnare: il Laboratorio della Forma


"...Quando chiedi ad una classe delle elementari in quanti disegnano, tutti alzano la mano.
Quando lo chiedi ad una classe delle medie, solo qualcuno alza la mano.
Quando lo chiedi ad un gruppo di adulti sei fortunato se uno solo alza la mano.
Quando mi chiedono quando ho iniziato a disegnare sempre rispondo: tu quando hai smesso di farlo?".

Queste sono le parole di Puño, illustratore, artista, esteta ed amico, in una conferenza sull'illustrazione e la creatività per MAD 2011, Madrid. 
Nella conferenza, che vi consiglio vivamente di vedere perché è davvero strabiliante (la trovate qui), lui dà una serie di validissime motivazioni sull'estinguersi della creatività in relazione alla crescita e al diventare esigenti verso la propria creatività.
Osservando i bambini e le attività che vengono loro proposte, ho notato quanto questa benedetta creatività venga da subito compromessa e indebolita, anziché realmente sostenuta. 

In questo post vi avevo raccontato quanto la creatività sia un tutto, quanto l'Arte non sia sinonimo di creatività ma solo un mezzo per sostenerla. L'Arte è un mezzo di espressione e di comunicazione archetipico, atavico, profondamente naturale - soprattutto all'inizio della nostra vita- per ognuno di noi. 
Una delle vie principali attraverso cui questo mezzo sboccia è il disegno. 
All'inizio il disegno è generato da gesti casuali: è lì che, quasi per caso, il bambino scopre che uno strumento lascia il segno. La chiamano fase degli scarabocchi, più avanti diventa disegno: lo diventa per noi che cominciamo a capirci qualcosa, lo diventa per il bambino che acquista consapevolezza e arricchisce i suoi segni con la sua esperienza del mondo. Compaiono  bambini, Omini Testoni, mamme papà nonni, case, alberi, il pallone, streghe e pirati e tutto quello che il bambino ha nel suo immaginario fantastico. 
E poi? 
Quando il bambino sa disegnare? Cosa gli viene proposto? 
Quanto abbandono c'è nella libertà del suo foglio bianco?
E un bambino che crede di non saper disegnare, che magari ha scoperto che non gli piace tanto, quanta paura può prendere davanti a tale abbandono? Quanto può sentirsi scoraggiato?

Ho sempre amato disegnare, fin da bambina. 
Sono fra quelle persone -poche come ci dice Puño- che possono dire ora, da grande, di non aver mai smesso di farlo. Ci ho costruito un lavoro, forse due o tre, e posso dire con certezza che disegnare è in assoluto la cosa che ho fatto di più nella mia vita e che più mi piace fare.
Eppure, ricordo il terrore del foglio bianco, del "cosa disegno ora"? 
Era un terrore legato per lo più a contesti scolastici laddove la creatività diventava, in un colpo solo, prova, prestazione, forse competizione, sicuramente risultato e in grande misura abbandono. 
Quel piccolo sgomento, volta dopo volta, prova dopo prova, mi seguiva anche a casa e si impossessava dei miei fogli bianchi. 
Avete mai riflettuto sul perchè si smette di disegnare? Sul perché un bimbo, magari ancora piccolo, dica che non gli piace disegnare? 

"Libertà che non sia abbandono" è proprio uno dei punti fondamentali del Metodo Bruno Munari ®, che su questo concetto ci viene in aiuto con uno dei laboratori base del Metodo: il Laboratorio della Forma. 
Fra i primissimi laboratori ideati proprio da Bruno Munari e progettati per la Pinacoteca di Brera e lì sperimentati per la prima volta, il laboratorio della forma ti offre la possibilità di essere creativo attraverso il disegno, sostenendo realmente le capacità del bambino, e solleticando, stuzzicando, allenando il desiderio di disegnare.

Cosa ti fa venire in mente questa forma? 


E se la ruoti?

Cosa la tua fantasia, la tua creatività, la tua inventiva riescono a vedere?



Ecco quello che ha visto, e poi disegnato, un gruppo di bambini di 4 anni. 

"La Onda"

"Montagna, una bimba e un cane"

"Un animale"

"L'acquario"

"Fantasma"

"Un coniglio"

"Un coccodrillo con nastro rosa"

"Due bimbi al mare"

"Un bambino" 

"Bambino"

"Elefante"

"Un orso"

"Un castello, che prima era un igloo"

"Un elefante"