Scuola dell'Infanzia, gruppo di bambini di cinque anni a cui viene chiesto - con indicazioni volutamente molto vaghe- di disegnare un paesaggio.
Questo è il disegno di mia figlia.
Ieri, poi, mia figlia ha voluto disegnare. Si è messa al suo tavolo e ha deciso di fare "un libro degli alberi". Ha preso un libro dalla sua biblioteca di albi illustrati e ha copiato il primo albero che, sfogliando il libro, l'ha interessata.
Prima di cominciare il disegno le ho mostrato dei pastelli che, secondo la mia opinione, meglio si prestavano a ciò che voleva fare. Ne abbiamo discusso insieme, facendo dei piccoli segni su altri fogli e provandone altri; alla fine è stata d'accordo.
Ha cominciato a disegnare: io le ero al fianco impegnata in altro; all'inizio mi ha chiesto di aiutarla a capire come fare certe forme, se dovevano andare in su o in giù. Dopo aver disegnato le prime braccia del cactus con un po' di incertezza e di riguardo è andata spedita con tutte le altre e ha poi colorato a strisce.
Il primo disegno è la tipica raffigurazione di un bambino di cinque anni, se si guardano i disegni di una intera classe saranno tutti molto simili: in ogni disegno ci sarà la casetta con la stessa forma uguale per tutti e collocata da tutti nello stesso punto del foglio, il cielo raffigurato come una striscia sempre e solo azzurra. La casetta poggia su terra (marrone) o erba (verde) anche questa rappresentata da una striscia. Nel cielo splende sempre il sole: giallo, con la variabile dei raggi e di occhi e bocca a fare faccine sorridenti. Sono i tipici elementi che per fissità e per ripetizione costituiscono lo stereotipo.
Il secondo disegno è qualcosa che non posso, e forse nemmeno voglio, spiegare - io stessa non sapevo che mia figlia fosse capace di fare un disegno così prima di ieri.
Non è solo questione di un disegno ordinario, stereotipato, a confronto con un disegno potente, vibrante.
Quello che sento con chiarezza è che, fra i due disegni, c'è tutto un mondo in mezzo.
Quello che mi chiedo, in questa costante indagine che conduco nell'infanzia e nella creatività, è come
ampliare, sostenere, sviluppare tutto quel mondo che c'è in mezzo. E probabilmente anche oltre.