venerdì 18 ottobre 2019

Tutto un mondo e oltre


Scuola dell'Infanzia, gruppo di bambini di cinque anni a cui viene chiesto - con indicazioni volutamente molto vaghe- di disegnare un paesaggio.
Questo è il disegno di mia figlia. 




Ieri, poi, mia figlia ha voluto disegnare. Si è messa al suo tavolo e ha deciso di fare "un libro degli alberi". Ha preso un libro dalla sua biblioteca di albi illustrati e ha copiato il primo albero che, sfogliando il libro, l'ha interessata.
Prima di cominciare il disegno le ho mostrato dei pastelli che, secondo la mia opinione, meglio si prestavano a ciò che voleva fare. Ne abbiamo discusso insieme, facendo dei piccoli segni su altri fogli e provandone altri; alla fine è stata d'accordo.
Ha cominciato a disegnare: io le ero al fianco impegnata in altro; all'inizio mi ha chiesto di aiutarla a capire come fare certe forme, se dovevano andare in su o in giù. Dopo aver disegnato le prime braccia del cactus con un po' di incertezza e di riguardo è andata spedita con tutte le altre e ha poi colorato a strisce.



Il primo disegno è la tipica raffigurazione di un bambino di cinque anni, se si guardano i disegni di una intera classe saranno tutti molto simili: in ogni disegno ci sarà la casetta con la stessa forma uguale per tutti e collocata da tutti nello stesso punto del foglio, il cielo raffigurato come una striscia sempre e solo azzurra. La casetta poggia su terra (marrone) o erba (verde) anche questa rappresentata da una striscia. Nel cielo splende sempre il sole: giallo, con la variabile dei raggi e di occhi e bocca a fare faccine sorridenti. Sono i tipici elementi che per fissità e per ripetizione costituiscono lo stereotipo. 

Il secondo disegno è qualcosa che non posso, e forse nemmeno voglio, spiegare - io stessa non sapevo che mia figlia fosse capace di fare un disegno così prima di ieri. 
Non è solo questione di un disegno ordinario, stereotipato, a confronto con un disegno potente, vibrante. 
Quello che sento con chiarezza è che, fra i due disegni, c'è tutto un mondo in mezzo. 
Quello che mi chiedo, in questa costante indagine che conduco nell'infanzia e nella creatività, è come
ampliare, sostenere, sviluppare tutto quel mondo che c'è in mezzo. E probabilmente anche oltre.  


giovedì 2 marzo 2017

Restituzione e condivisione: come si chiude un Laboratorio Munari®?

Quando ho iniziato a studiare il Metodo Munari® una delle più grandi scoperte è stata imparare che un Laboratorio era fatto di fasi precise e suddivise. In questo un Laboratorio Metodo Bruno Munari® è molto, molto diverso dagli altri laboratori esistenti. 
Adamantina, eccola lì la rivelazione: il laboratorio non è solo fare qualcosa intorno ad un tavolo!
Il laboratorio comincia dal primo sguardo che corre fra me e i bambini, e finisce con l'ultimo, con una chiusura finale, un saluto.
E' proprio di questa conclusione che oggi voglio parlarvi. 

Da chi ho imparato mi è stato insegnato che questo momento finale si chiama di "restituzione" o di "condivisione". 
Ho faticato moltissimo per conquistarlo: durante i miei stages, mentre studiavo, sono stata ripresa più volte; una volta finito il mio studio - quando a quel punto ero sola con i bambini a sperimentarmi io per prima - ne ho avuto spesso paura.  
Non vi nego che, talvolta, in certi gruppi e in certi situazioni, sono tentata di saltarlo a pie' pari, probabilmente qualche volta all'inizio l'ho pure fatto, sicuramente alcune volte ho condotto questo momento in pessimo modo!
E' la parte più difficile, un momento faticoso, a volte complesso: i bambini sono sempre stanchi, se li conosco poco - o se si conoscono poco fra loro- se la maggioranza è di bimbi piccoli, possono essere timidi e dunque molto silenziosi. 
Ho faticato moltissimo per conquistarmelo, ma ora posso dire senza ombra di dubbio che è un momento nel quale mi diverto moltissimo. 


Fotografia di Simona Balmelli

Che cos'è questo momento? Quando accade?
Quando finisce un Laboratorio invito i bambini a lasciare il tavolo dove fino a quel momento si è sperimentato per spostarsi in un altro punto del luogo che ci accoglie. 
E' uno spazio che ho identificato fin dall'inizio, e che dovrebbe essere più neutro e libero possibile, spesso coincide con un grande tappeto. E' anche il punto dove spesso comincio il Laboratorio -anche se questa opzione varia a seconda di molti fattori, primo fra tutti l'attività proposta.
Ringrazio sempre i bambini per l'attenzione che hanno avuto fino a quel momento, li comprendo nella stanchezza che hanno e che spesso dimostrano con ogni parte del loro corpo: è questo il momento in cui cominciano a diventare irrequieti, assumono mille posizioni, sembra che il loro corpo sia diventato di colpo minuscolo e non li contenga più. 
Chiedo loro ancora un pochino di attenzione e cerco di riportarli nel Laboratorio, guardandolo però da un altro punto di vista.
Fino a quel momento hanno sperimentato, hanno fatto senza pensare, hanno cercato un contatto tra lo strumento e il gesto, tra la mano e la materia.
Ora, e soltanto ora, questo processo diventa presa di coscienza di ciò che hanno fatto. 
E' il momento nel quale il bambino attribuisce un senso alla sua sperimentazione, e le dà voce, condividendolo con il gruppo. 



Fotografie scattate dalle maestre della Scuola dell'Infanzia Regina della Pace-Piacenza

Ci sono moltissimi modi di compiere questo momento, ogni volta cambio orientandomi secondo l'attività proposta, l'età dei bambini, il livello raggiunto durante la sperimentazione, il progetto generale che sto portando avanti, il grado di stanchezza che noto. 
A volte leggo e presento loro un libro, mostrando per esempio la tecnica che hanno sperimentato durante il Laboratorio. Se abbiamo lavorato su "I Libri Illeggibili", posso scegliere se chiedere loro di raccontare la storia del proprio libro, oppure di mostrarmi quali azioni e strumenti hanno usato, oppure posso provare a leggere io i loro libri, senza che mi dicano nulla, provando a raccontare una storia che -a seconda del giorno, dell'ora, o di chi verrà letta- sarà sempre diversa. 
Altre volte mostro loro fotografie di opere d'Arte, oppure il reale: il cielo con le nuvole, gli alberi fuori in giardino. 
E' il momento in cui buchini minuscoli diventano nascondigli incredibili, in cui si svelano sorprese, si scoprono tesori. E' il momento in cui i segni diventano futuri, possibili disegni, e appaiono immagini veloci, chiare e mutevoli come nuvole bianche di un cielo ceruleo. 
Azioni come "sfrangiare", "pieghettare", "forare" o nomi di strumenti come "fustellatrice", vengono fissate nella mente con i loro nomi precisi.
E' questo un momento di chiusura soltanto temporale: non mi scordo mai infatti che un Laboratorio Metodo Bruno Munari® si chiude in realtà in apertura, seminando, sostenendo, nel bambino una meta-riflessione di ciò che ha fatto.
Come hai fatto a farlo? Cosa hai scoperto? Cosa ti è piaciuto di più fare? In quanti altri modi avresti potuto farlo? Come possiamo andare avanti?


Fotografia di Valentina Forlini, Asilo nel Bosco- Piacenza

Vi ho mostrato molte foto mie in questo post: non amo particolarmente mettere la mia faccia, e non mi sento mai abbastanza adeguata nelle fotografie. 
Ciò che vorrei sottolinearvi però è la posizione dell'operatore. 
Ciò che vorrei dirvi, oltre a tutto quello che vi ho già raccontato, è quanto sia importante entrare in una relazione vera, autentica, con i bambini. 
Quando scopro i buchini minuscoli che hanno fatto con tanta fatica e soddisfazione, quando provo a leggere un loro Libro Illeggibile, quando provo a suggerire qualche forma di quelle nuvole, quando indico loro azioni e strumenti, cerco sempre di essere delicata, garbata. Di entrare in punta di piedi in quello che è stato il loro momento.
Di non fare loro una didattica, didascalica, cattedratica lezione. 
Cerco di spostare un pochino più in là il loro limite di attenzione, accogliendo quei corpicini che non riescono più a stare fermi, che spesso si muovono, ma che di colpo si fermano quando catturati davvero.
Cerco di ascoltarli nei loro occhi che accendono domande, risposte e ancora domande, comprensioni e illuminazioni.  
Cerco, e ci riesco sempre, di divertirmi insieme a loro. 




lunedì 6 febbraio 2017

Partendo dalla fine: cosa posso capire di un Laboratorio e della sua sperimentazione?

Proviamo, per una volta, a fare delle osservazioni - e i ragionamenti relativi- partendo all'inverso.
Un piccolo gruppo di bambini, dai 3 ai 5 anni, durante un Laboratorio Metodo Bruno Munari ®, ha realizzato le opere che vedete qui sotto. 

























Cosa capisco osservando queste opere? Che tipo di attività è stata svolta, in che modo? Mi chiedo spesso cosa pensano i genitori vedendo ciò che hanno fatto i loro figli. Quando loro restano fuori da un laboratorio e non ne seguono le fasi di partenza, di avvio, di sperimentazione, cosa riescono ad afferrare di quello che è stato fatto?
Un laboratorio Metodo Bruno Munari®, che tanto si basa sulla sperimentazione piuttosto che sul prodotto, resta spesso  - con il solo parametro della "bellezza", o della comprensione, dell'opera finale - a lungo incompreso. 

Le otto opere che vedete nella prima foto sono il risultato finale di:
1. Un piccolissimo gruppo di bambini di età diverse, con prevalenza di bimbi molto piccoli (3 e 4 anni);
2. Il secondo laboratorio sul tema del Sole;
3. Il tentativo mirato di conoscere una tecnica: il collage. 

Solitamente comincio i miei laboratori stando tutti seduti in cerchio, parlando con i bambini, facendoci delle domande e, molto spesso, guardando delle fotografie oppure la realtà. 
E' quella fase che io chiamo di "osservazione attiva", o di "riflessione critica". 
A questo piccolo gruppo avevo chiesto cosa fosse il Sole.
Ognuno aveva qualcosa da dire: "una cosa accecante", "che hai bisogno degli occhiali da sole", "che c'è solo di giorno, di notte no, c'è la luna", "fa caldissimo". 
Tutti i bambini erano concordi nel dire che il Sole è giallo. 
Alla mia domanda "che forma ha il Sole", dopo un attimo di silenzio, ancora una volta all'unanimità è stato deciso che aveva la forma di una palla. 
Non interferisco mai con queste domande, mi piace sapere da che punto si parte, e ascoltare le risposte dei bambini è bellissimo. 
Dopo queste prime riflessioni, abbiamo guardato delle fotografie del Sole. 
Insieme abbiamo osservato moltissimi aspetti.


©Cecilia Ramieri

©Cecilia Ramieri

©Cecilia Ramieri

©Cecilia Ramieri

©Cecilia Ramieri

Possiamo disegnarlo con molte tecniche, ve ne parlerò presto. 
Con questo piccolo gruppo, in questo laboratorio di cui vi sto parlando, abbiamo sperimentato il collage. 
Che cos'è il collage?
Un dizionario preso a caso dal web mi dice che " è un'opera pittorica ottenuta con la composizione di materiali vari incollati su tela". 

Il materiale scelto per questo laboratorio è la carta; i bambini sono piccoli, poco abituati a queste attività: voglio offrire loro esperienze piccole, che possano incuriosirli piano piano, condurli tenendo loro la mano, senza stancarli troppo. 




Un Laboratorio Metodo Bruno Munari® è conoscenza di tecniche e strumenti. 
In questo Laboratorio conosciamo che cos'è la fustellatrice




E' uno strumento che piace molto ai bambini, l'ho scelto per coinvolgerli dolcemente, come vi dicevo prima. Non lo conoscono per nulla, se lo conoscono è solo nella versione piccolissima, spesso doppia: la classica bucatrice da ufficio. 
Scoprire dove e come infilare il foglio e calibrare la forza per la giusta pressione non è una cosa semplice. 
Scoprire che, una volta premuto, il foglio appare bucato, e per di più con un cerchiolino staccato, è quasi pura magia, per certo grande soddisfazione. 

Il nostro Sole di forma circolare, lo possiamo però realizzare anche con le forbici, non solo con la fustellatrice. 



Chissà come mai le forbici non vengono considerate "giocattoli": un bambino di tre anni potrebbe passare ore con un semplice foglio di carta e un paio di forbici. 
Imparare ad usare le forbici correttamente resta una grande competenza, spesso totalmente sottovalutata sia dai genitori che dalle scuole. Non di rado mi capita di vedere adulti che sono quasi impacciati nel tenerle in mano, e a questo proposito è vivo in chi lo ha conosciuto il ricordo di Bruno Munari che padroneggiava delle lunghe forbici con grande maestria e con una profonda intelligenza del gesto. 
Sul perché sia così importante lo sviluppo della mano e l'intelligenza del gesto, in tanti si sono prodigati a scrivere e a dire: dalla tanto ultimamente rivalutata Montessori, all'etnologo e antropologo André Leroi-Gourhan.
Io ve ne ho parlato qui.



Una volta preparato tutto il materiale, sperimentate fustellatrice e forbici (non solo dritte ma, come avete potuto vedere dalle foto, anche quelle sagomate), ecco che arriva il collage vero e proprio.
Come si usa la colla? Quanta se ne mette? Come, dove?






Cominciamo con l'imparare che la colla si apre e si gira la rotella sotto, tirando fuori lo stick, quanto bastaNon pochissimo, ma nemmeno troppo, perché si romperebbe. 
Poi impariamo a non incollare sul nostro foglio ma ad appoggiarci su un altro.
Fornisco quindi ad ogni bambino un foglio di giornale: un semplice foglio bianco avrebbe rischiato di creare confusione, la carta di giornale mostra loro che è solo un strumento di supporto. 
Prendendo il pezzettino di carta che vogliamo incollare, ci appoggiamo sul foglio di giornale e passiamo la colla sui bordi e al centro, senza preoccuparci di andare al di fuori. Capovolgeremo poi il nostro pezzetto di carta, per incollarlo sul foglio definitivo. Questo procedimento permette di incollare con precisione, senza che la nostra opera risulti tutta appiccicosa e densa di colla in eccesso. 
Sembra forse banale, semplice, a voi adulti che leggete. E' invece una successione che richiede attenzione e cura ed è l'apprendimento di una tecnica nella sua totalità.

I bambini sono liberi di incollare come vogliono, pur rispettando la regola del foglio di giornale. Non interferisco mai troppo, nemmeno quando le composizioni risultano troppo affollate e rischiando magari di diventare confuse.
Ricordo sempre loro che la regola del quanto basta vale anche in questo caso: non c'è bisogno di riempire un foglio, se ne può tranquillamente usare un altro. Non sempre vengo ascoltata: spesso l'urgenza di fare, di incollare, ha avuto su di loro la meglio; li lascio condurre in pace e con piacere ciò che stanno provando. 
Il fine ultimo non è fare qualcosa di "bello", ma sperimentare, farlo con piacere, scoprire qualcosa, provare, imparare. 
Sono in questo momento grafici ed editori di loro stessi: decidono cosa mettere, quanto, come, dove.



Ecco, più o meno, questo è ciò che si capisce guardando il risultato finale di un Laboratorio Metodo Bruno Munari®. 

venerdì 20 maggio 2016

Sulle scelte di un operatore: strumenti e materiali di un Laboratorio

Una delle cose che ho imparato durante il mio percorso di studi Metodo Bruno Munari® è la capacità di scelta che un operatore deve avere. 
Non intendo solo la scelta in generale ma ogni singola, minuscola scelta che concorre alla buona riuscita del laboratorio.
Vi racconto, seguitemi.

Esiste tutta una serie di laboratori che un operatore può proporre: a seconda del progetto, del tema, dell'età dei bambini, dei partecipanti coinvolti (solo bambini, bambini e genitori...), della tipologia stessa del laboratorio ( più centrato sull'Arte? più verso il gioco?...).
Fatta questa prima valutazione, si comincia ad entrare nel dettaglio. 

E' una scelta non dare subito gli strumenti, ma permettere di fare con le mani.
A volte alcuni bambini rimangono fermi, fanno poco, perché poco abituati a strappare, piegare: cercano e chiedono le forbici, quasi si potesse partire solo da lì. 
Basta saper aspettare, mostrando qualche possibilità.
E' nostro compito ricordare loro che la mano è il primo strumento a disposizione, e quanto sia fondamentale l'uso e il suo sviluppo lo abbiamo visto qui.


Manipolazione della carta, Laboratorio Metodo Bruno Munari

Non  avere la colla permette di trovare soluzioni geniali, inaspettate, improvvise, frutto di un ingegno che diventa capacità tecnica e sapere manuale.



Infilare e annodare, Reti, Laboratorio Metodo Bruno Munari®

"Aquila" di Francesco, realizzata annodando fili e piume, Libro Bianco, Laboratorio Metodo Bruno Munari®

E' una scelta decidere di dare ai bambini solo strumenti neri. 
Li aiuta a rimanere concentrati sul segno, senza la distrazione del colore.


Fantasma, completato con strumenti neri,  Forma, Laboratorio Metodo Bruno Munari®
Uova pasquali, decorate con strumenti neri secondo la sperimentazione del Segno

E' una scelta decidere, altre volte, di dare gli strumenti colorati. 


Elefante, completato con strumenti colorati, Forma, Laboratorio Metodo Bruno Munari®


Uova pasquali, decorate con strumenti colorati secondo la sperimentazione del Segno

E' una scelta cercare e selezionare le immagini giuste per un laboratorio sul collage. Non tutti i ritagli, di tutti i giornali, sono belli. 
Ricordiamoci che stiamo usando l'Arte come mezzo per sviluppare qualcosa nel bambino, e che il senso del bello, il valore estetico, la qualità estetica dei materiali proposti, sono obiettivi importanti. 


Tavolo allestito con ritagli, Collage, Laboratorio Metodo Bruno Munari®

Provate ad immaginare il Laboratorio del Collage con ritagli diversi da questi. Credete che le immagini sarebbero state così equilibrate cromaticamente se i ritagli fossero stati diversi da questi? Credete che le immagini sarebbero state così perfette dal punto di vista compositivo se fossero stati dati fogli di misure a caso?
La qualità del materiale proposto aiuta il bambino a riflettere sul colore, sul peso, sull'equilibrio di un'immagine, su cosa concentrarsi davvero; così il bambino impara.


Collage, Laboratorio Metodo Bruno Munari®

E' una scelta anche la ricerca dei supporti. Perché per esempio non scegliere tinte neutre anziché colori forti, saturi, a volte diciamocelo un pochino banali, che solitamente si usano per queste attività?
La sperimentazione sarà condotta rimanendo più centrati sul fare, la resa finale sarà più improntata sulla valorizzazione dell'immagine che il bambino ha creato. 

 Collage e Forma, Laboratorio Metodo Bruno Munari®


Quante altre scelte compie un operatore? 
Ce ne sono tantissime, e tutte dimostrano quanto questo lavoro sia frutto di moltissima ricerca e di una capacità che va oltre la familiarità con tecniche artistiche, oltre la semplice didattica, oltre il piacere -importantissimo!- di stare con il bambino. 
Tutte concorrono ad una regia sapiente: si dice infatti che un buon laboratorio, cioè un laboratorio pensato molto bene prima, una volta avviato sia quasi capace di "andare da solo", e non richieda quasi più la presenza di un operatore al tavolo. 
Tutte le scelte che un operatore fa circa il materiale che proporrà sottendono alla buona riuscita del laboratorio e dunque a ciò che il bambino imparerà. 




venerdì 25 marzo 2016

Quando una maestra non fa un lavoretto nemmeno a Pasqua


Della mia ostilità verso il lavoretto ne ho parlato qui, spiegandovi come mai questa pratica, che ancora trova ampio spazio nella scuola, si sia guadagnata da tempo tutta la mia avversione. 
Per riassumere il mio livore: il lavoretto non lascia al bambino nessuna possibilità creativa, essendo per lo più l'unione di un progetto scelto da qualcun altro, compiuto come un mero, e spesso banale, esercizio di assemblaggio guidato.

Qui vi ho raccontato che però esistono anche alternative, e nello specifico vi ho parlato di una maestra che per Natale ha scelto di regalare ai genitori, come lavoretto, un catalogo di alberi di Natale realizzati dai propri figli secondo una sperimentazione del segno.
Ora, vi svelo un segreto. Io e le maestre di questa scuola (nella quale da ottobre conduco un Laboratorio Permanente Metodo Bruno Munari® ) abbiamo scelto di rinominare questo regalino festivo per i genitori, e in generale tutta la pratica, chiamandolo "l'anti-lavoretto". 

E dunque eccoci, siamo a Pasqua e  appena prima che le campane comincino a suonare noi dobbiamo consegnare un "anti-lavoretto".
Quest'anno la maestra ha scelto il tema dell'uovo.

Partiamo dall'inizio, proprio come un Laboratorio Metodo Bruno Munari®  .


Adolphe Millot, Nouveau Laurosse Illustré, 1897-1904

Cos'è un uovo?  
Chi fa l'uovo? Quante uova esistono?
Quelle della gallina, che conosciamo, ma anche quelle di struzzo -grandissime- e quelle di quaglia - piccole piccole. Ne esisteranno di più piccole? Si, basti pensare ai pesci, a quelle di salmone per esempio. E poi? I dinosauri facevano l'uovo? E quanto saranno state grandi? E chi altro ancora?




Di che colore è l'uovo? 
Giallino, bianco, rosato, marroncino, azzurro...




Che forma ha l'uovo? Non è un cerchio e nemmeno un rettangolo ma una forma, ovale appunto, così personale da dare il nome ad una forma geometrica




La maestra ha affrontato con i bambini tutti questi temi, con esempi visivi e discussioni critiche, esplorando le variabili dell'uovo e offrendo così ai bambini conoscenze e collegamenti fra le cose. 
Li ha incuriositi e resi attenti sulle possibilità e sulle differenze: forma, colore, dimensione. 
Ha infine raccontato loro come mai sono un simbolo pasquale e, sempre mostrando esempi visivi, perchè si usa decorarli per questa festa. 

L'osservazione attenta, sensibile, scientifica, ha portato ad alcune sperimentazioni.

Che forma ha l'uovo? Possiamo ritagliarla? 
Abbiamo visto che le uova sono di dimensioni e colori diversi: da carte colorate o recuperate da vecchie sperimentazioni, i bambini hanno ritagliato la forma dell'uovo. Avete presente che esercizio di concentrazione, di manualità e di coordinazione mano-occhio è questo? Sapete quanto è difficile ritagliare una forma ovale? Voi siete capaci?





Possiamo disegnare un uovo sperimentando segni diversi e con strumenti diversi?




Possiamo decorare un uovo di Pasqua con la sperimentazione del segno?









Tutte le opere che vedete sono state fatte dal gruppo di bambini di 5 anni, condotti dalla loro maestra Magdalena Lato, e raccolte in un catalogo di uova pasquali.

Ancora una volta la mia chiusa sarà sull'osservazione di quanta diversità, ricchezza, possibilità, c'è in queste opere. 
Pensate a quante cose hanno scoperto i bambini attraverso gli esempi visivi, il racconto, le riflessioni critiche circa quante uova esistono, e di quale forma, dimensione, colore.  
Pensate quanto la loro immaginazione si è messa in moto, quanto le loro conoscenze si sono ampliate.
E questo è uno dei punti base del Metodo Bruno Munari®: offrire ai bambini la competenza, sia essa teorica oppure pratica.
Perchè la creatività non è fare un bel disegno ma è scoprire, sperimentare, progettare. 
E' dall'osservazione attenta e sensibile, e dalla conoscenza, che si sviluppa la fantasia e si trasforma in creatività. 




giovedì 3 marzo 2016

Sul desiderio di disegnare: il Laboratorio della Forma


"...Quando chiedi ad una classe delle elementari in quanti disegnano, tutti alzano la mano.
Quando lo chiedi ad una classe delle medie, solo qualcuno alza la mano.
Quando lo chiedi ad un gruppo di adulti sei fortunato se uno solo alza la mano.
Quando mi chiedono quando ho iniziato a disegnare sempre rispondo: tu quando hai smesso di farlo?".

Queste sono le parole di Puño, illustratore, artista, esteta ed amico, in una conferenza sull'illustrazione e la creatività per MAD 2011, Madrid. 
Nella conferenza, che vi consiglio vivamente di vedere perché è davvero strabiliante (la trovate qui), lui dà una serie di validissime motivazioni sull'estinguersi della creatività in relazione alla crescita e al diventare esigenti verso la propria creatività.
Osservando i bambini e le attività che vengono loro proposte, ho notato quanto questa benedetta creatività venga da subito compromessa e indebolita, anziché realmente sostenuta. 

In questo post vi avevo raccontato quanto la creatività sia un tutto, quanto l'Arte non sia sinonimo di creatività ma solo un mezzo per sostenerla. L'Arte è un mezzo di espressione e di comunicazione archetipico, atavico, profondamente naturale - soprattutto all'inizio della nostra vita- per ognuno di noi. 
Una delle vie principali attraverso cui questo mezzo sboccia è il disegno. 
All'inizio il disegno è generato da gesti casuali: è lì che, quasi per caso, il bambino scopre che uno strumento lascia il segno. La chiamano fase degli scarabocchi, più avanti diventa disegno: lo diventa per noi che cominciamo a capirci qualcosa, lo diventa per il bambino che acquista consapevolezza e arricchisce i suoi segni con la sua esperienza del mondo. Compaiono  bambini, Omini Testoni, mamme papà nonni, case, alberi, il pallone, streghe e pirati e tutto quello che il bambino ha nel suo immaginario fantastico. 
E poi? 
Quando il bambino sa disegnare? Cosa gli viene proposto? 
Quanto abbandono c'è nella libertà del suo foglio bianco?
E un bambino che crede di non saper disegnare, che magari ha scoperto che non gli piace tanto, quanta paura può prendere davanti a tale abbandono? Quanto può sentirsi scoraggiato?

Ho sempre amato disegnare, fin da bambina. 
Sono fra quelle persone -poche come ci dice Puño- che possono dire ora, da grande, di non aver mai smesso di farlo. Ci ho costruito un lavoro, forse due o tre, e posso dire con certezza che disegnare è in assoluto la cosa che ho fatto di più nella mia vita e che più mi piace fare.
Eppure, ricordo il terrore del foglio bianco, del "cosa disegno ora"? 
Era un terrore legato per lo più a contesti scolastici laddove la creatività diventava, in un colpo solo, prova, prestazione, forse competizione, sicuramente risultato e in grande misura abbandono. 
Quel piccolo sgomento, volta dopo volta, prova dopo prova, mi seguiva anche a casa e si impossessava dei miei fogli bianchi. 
Avete mai riflettuto sul perchè si smette di disegnare? Sul perché un bimbo, magari ancora piccolo, dica che non gli piace disegnare? 

"Libertà che non sia abbandono" è proprio uno dei punti fondamentali del Metodo Bruno Munari ®, che su questo concetto ci viene in aiuto con uno dei laboratori base del Metodo: il Laboratorio della Forma. 
Fra i primissimi laboratori ideati proprio da Bruno Munari e progettati per la Pinacoteca di Brera e lì sperimentati per la prima volta, il laboratorio della forma ti offre la possibilità di essere creativo attraverso il disegno, sostenendo realmente le capacità del bambino, e solleticando, stuzzicando, allenando il desiderio di disegnare.

Cosa ti fa venire in mente questa forma? 


E se la ruoti?

Cosa la tua fantasia, la tua creatività, la tua inventiva riescono a vedere?



Ecco quello che ha visto, e poi disegnato, un gruppo di bambini di 4 anni. 

"La Onda"

"Montagna, una bimba e un cane"

"Un animale"

"L'acquario"

"Fantasma"

"Un coniglio"

"Un coccodrillo con nastro rosa"

"Due bimbi al mare"

"Un bambino" 

"Bambino"

"Elefante"

"Un orso"

"Un castello, che prima era un igloo"

"Un elefante"